19 anni, al primo sguardo bruttina, orfana di entrambi in genitori da tempo immemore, affetta da una malattia molto grave di poco fascino (la mucoviscidosi, la fibrosi cistica, che lei chiama semplicemente ‘muco’), Marta (una bravissima – e mai vista prima – Ludovica Francesconi) cresce con i suoi due migliori amici, Federica (Gaja Masciale, fresca fresca del diploma dell’Accademia Silvio D’Amico di Roma) e Jacopo (Jozef Gjura, attore vercellese soprattutto dedito al teatro), entrambi gay e famiglia, unici a curarsi della sua salute e del tempo che le resta – ma che sembra non pesarle neanche un po’, così attiva, giovale, travolgente e autoironica – fin quando Marta non si mette in testa di sedurre il bellissimo e inarrivabile Arturo Selva (l’unica faccia a me nota, Giuseppe Maggio, giovane bellone visto più volte da Amore 14 di Federico Moccia a varie serie tv – l’ultima su Netflix, Baby di Andrea De Sica), il ragazzo perfetto in un mondo perfetto (o, almeno, così pare) a cui Marta, nonostante il suo taglio alla Amelie del fantastico mondo di e i suoi abiti colorati e originali e ad un cromatismo che ricorda Wes Anderson, non appartiene. E poi, anche se dovesse riuscire a conquistare il suo bello spiazzando la concorrenza costituita dalla stupenda Beatrice (che viene dal mondo Disney – in particolare, dalla sitcom per ragazzi Alex & Co – e che è la scrittrice 18enne dell’omonimo racconto teen da cui è tratto questo film, Eleonora Gaggero), come farà a dirgli che non ha proprio tutto questo tempo a disposizione? Da una sceneggiatura (e, probabilmente, da un racconto) piena di cliché che vengono ribaltati, un film d’amore adolescenziale come quelli che ci parlavano da ragazzini e che ci fa piacere rivedere anche adesso (penso a Sixteen Candles- Un compleanno da ricordare di John Hughes), che solitamente noi in Italia non sappiamo fare e che prendiamo da fuori (Colpa delle stelle di Josh Boone, Il sole a mezzanotte – Midnight Sun di Scott Peer per la malattia, Noi siamo infinito di Stephen Chbosky per il senso di inadeguatezza, Noi siamo tutto di Stella Meghie che è un po’ a metà, giusto per darvi un po’ di titoli a cui fare riferimento e da far vedere alle cuginette adolescenti e, con questa scusa, rivederli anche voi). Un racconto leggero, divertente e commovente al punto giusto, che parla della malattia e dell’approccio con la vita ed i problemi in maniera serena, senza calcare troppo la mano, in cui le vittime del destino non si sentono tali e riescono a sembrare bellissime, nonostante non rientrino negli standard che noi stessi lasciamo che ci vengano imposti dalla società di cui facciamo parte. In cui la vita è colorata ma non è facile e non si sa bene, esattamente nella realtà, come le cose andranno a finire. La scelta di un’attrice talentuosa come Ludovica Francesconi fa sì che Alice Filippi (regista mia coetanea che si è fatta le ossa come aiuto regia di Carlo Verdone) non faccia molta fatica, dovendo semplicemente lasciare che Francesconi, esattamente come il suo personaggio, muova tutto il resto. Attendo il prossimo progetto a cui aderirà Francesconi, sperando che non sia troppo simile al personaggio di questo suo primo film e possa confrontarsi e crescere con ruoli diversi. Ma questo è un problema che tutte le ‘facce’ si trovano ad affrontare anche se alcune scelte in questo momento (mi riferisco a Dev Patel come David Copperfiel nell’ultimo capolavoro di Armando Iannucci) sono un balsamo per l’anima. Speriamo anche che il cinema si riprenda presto. Mi sento di scrivere che è uno dei luoghi più sicuri in cui possiamo stare, ovviamente se siamo rispettosi degli altri e cerchiamo di essere sempre sotto controllo delle nostre condizioni di salute. In ogni caso, in un momento del genere per tutti noi, Sul più bello è proprio un titolo da andare a vedere.

(PS. Per capire un po’ meglio il mondo di questi gggiovani mi sono anche dovuta andare a cercare Alfa, che ha composto la canzone che costituisce il cuore della colonna sonora del film e tutti gli spasimanti famosi – youtuber, rapper e quant’altro – che ruotano attorno a Eleonora Gaggero, che, a 18 anni, mi sembra aver già capito dove vuole andare – mentre io ancora mi chiedo cosa voglio fare da grande 🙂 )