Di Improvvisamente l’estate scorsa sono rimasti degli sprazzi nella mia memoria. La paura del diverso e il fatto di aver visto stralci di qualcosa di proibito. Qualche inquadratura. Il film di Joseph L. Mankiewicz tratto dalla pièce teatrale di Tennessee Williams (una delle penne che ancora mi fanno accapponare la pelle sulla schiena) ha un cast incredibile: Katharine Hepburn, Montgomery Clift, Elizabeth Taylor.  Ottenne due nomination per la miglior performance femminile (della Hepburn) e la per miglior sceneggiatura (di Gore Vidal – quello di Ben Hur – che fu costretto a ridurre la tematica dell’omosessualità a un accenno per rispettare i codici di autoregolamentazione nel 1959 in vigore – il Codice Hays).
Nel libretto di sala Stéphane Braunschweig, regista dello spettacolo messo in scena al Piccolo Teatro di Milano, racconta che Williams rimproverava alla trasposizione cinematografica l’aver preso troppo alla lettera il suo testo ‘probabilmente perché la fantasia a volte porta più verità di quanto la realtà propriamente detta, dà accesso ad altri livelli di realtà. E questo è ciò che il teatro sa fare’.
Soudain l’ètè dernier si apre nel giardino paradisiaco che aveva voluto Sébastian Venable, un poeta americano molto ricco, ritrovato morto in circostanze misteriose a Cabeza de Lobo.
Sembra ancora più lontano Cabeca de Lobo pronunciato da attori francesi. Il giardino stesso che fa da scenografia alla piéce sembra una giungla. Quanto più selvaggio doveva essere quello che Sébastian cercava a Cabeca de Lobo?
Il testo parla di una madre (interpretata da una grandiosa Virginie Colemyn) che vuole proteggere il ricordo di suo figlio a costo di richiedere una lobotomizzazione della nipote Catherine (Marie Rémond) affinché la smetta di raccontare la sua versione della morte di suo cugino.
Braunschweig mantiene il testo originale (ovviamente nella sua versione francese) in una regia classica – con un apparato classico come i costumi, gli oggetti di scena, le acconciature, tutto – a cui si aggiunge la scelta di mantenere personaggi secondari che potrebbero essere stati facilmente tagliati, come per dimostrare che non solo i familiari sono lì, pronti a ottenere il maggior profitto nonostante la ricaduta sulle persone a cui sono legate da vincoli di sangue, ma tutti i presenti, anche il medico e la cameriera che spinge la carrozzina di Mrs Holly e che le porge ogni giorno il suo cocktail.
Lo straniamento viene dato, appunto, dalla sovracitata scenografia nella quale i personaggi si muovono e interagiscono, raccontando un mondo altro (quello del loro racconto appunto) e le loro diverse verità su quanto accaduto e su chi era Sébastian Venable, di cui Mrs Holly e Catherine sembrano solo due vittime, soggiogate da lui in vita e schiave in eterno anche per la sua fine e per come risponderanno ad essa.
Soudain l’ètè dernier è un giallo potentissimo e ancora maledettamente attuale. Quale sia la verità, alla fine, non è nemmeno tanto importante. Il problema è quello che siamo disposti a fare per difendere la nostra posizione sulla stessa. Alla fine, le atrocità descritte a Cabeca de Lobo non sono meno atroci di quelle che si stanno compiendo nel giardino di Sébastian.
La giungla che ci mostra Braunschweig, per questo, è una.
Soudain l’ètè dernier è un dramma sulla memoria, sulle convenzioni sociali, sull’essere ossessionati da ciò che si è visto o sul rifiuto, due risposte diverse ma sempre segno di personalità instabili.
Chi è più folle quindi? Gli altri osservano, ognuno pronto a prendere il massimo di quello che gli conviene. Tutti cannibali, pronti a sbranarsi l’un l’altro appena il più forte, o il più debole, dovesse attaccare o arrendersi e dare, in questo modo, il segnale.