Quando sei in mare, in navigazione da un po’ di tempo, c’è un momento preciso in cui il tuo corpo, la tua mente, tutto quello che sei, non ha più una distanza con la vita. Si riduce all’essenza stessa di essa. Annusi il vento, adatti il peso allo spostamento delle onde, sei capace di cose che credevi impossibili fino a un secondo prima (ma la domanda relativa a forze e capacità è tempo che non te la poni più) e provi a prevedere il futuro in ogni minimo movimento che fai o che non fai. Sei tu stesso quella cosa che chiami vita.
Si può trasmettere tutto questo in un prodotto cinematografico? Questa era la mia domanda prima della visione del film. Ero terrorizzata di fronte al rischio di vedere banalizzare quel sentimento contrastante che un velista, un marinaio, un essere umano che si approccia con rispetto alla navigazione (così come credo anche un individuo di fronte alla montagna) nutre nei confronti di quella forma specifica della natura, nonostante alla regia di Resta con me ci sia Baltasar Kormákur, regista e attore islandese che sembra essersi specializzato nel corso del tempo nella direzione di prodotti ‘complessi’; prima di questo titolo, infatti, ha diretto, tra gli altri, il non banale e più noto Everest con Jake Gyllenhaal e Jason Clarke, realizzando le riprese immerso nella natura, cosa che ha fatto anche con questo progetto, girato quasi sempre sulla barca e in acqua, in 49 giorni nelle Fiji a cui si sono aggiunte delle settimane in studio in Nuova Zelanda. Resta con me (Adrift, ‘alla deriva’ è il titolo originale) ci racconta la storia vera di Tami Oldham e Richard Sharp e dei loro 41 giorni dispersi nel Pacifico. Tami (Shailene Woodley) ci viene presentata mentre segue l’onda, nel senso che scende da una barca a Tahiti, cerca un lavoro in porto fino a che un’altra barca non la traghetterà altrove, come sta facendo da quando ha deciso di lasciare San Diego, la sua città natale, per cercare qualcosa di più prendendo la direzione del mare. Conosce Richard Sharp (Sam Claflin), uno skipper inglese di 11 anni più grande (ma in mare l’età la fa l’esperienza e le rughe sono sempre dovute solo al troppo sole e sale marino inevitabili in navigazione), aiutandolo nell’ormeggio. Si ritrovano per un po’ sulla stessa banchina e Tami, con la sua voglia di vivere e di non lasciare nulla intentato, travolgerà Richard come un ciclone. Ma non è il ciclone emotivo che a me interessava. Io ero in attesa del ciclone che ha poi davvero colto la coppia di sorpresa durante una navigazione in mezzo all’Oceano Pacifico. Perché questa storia d’amore (ok, devo ammettere che il legame tra i due è importante per la storia e non si renderebbe giustizia al personaggio di Richard se non lo si scrivesse) ci viene raccontata per flashback partendo dal mare in tempesta e da Richard scaraventato fuori bordo da un’onda altissima che spacca alberi e sartiame dello yacht e sbatte Tami con violenza sotto coperta.
Shailene Woodley e Sam Clafin riescono a trasmettere il calore del legno di un porto sotto i piedi a chi lo conosce (non posso parlare per gli altri) e anche la sensazione che ogni cosa sia vista da loro solo in base alle sue possibilità di utilizzo (i vestiti sono solo oggetti che ci servono a coprirsi e un anello può essere costruito con qualunque cosa così come i mezzi di fortuna e tutto ciò che è necessario in una situazione estrema). Shailene Woodley è credibile nelle sue manovre nella ricerca di una rotta in cui ciò che resta possa essere tratto in salvo. Insomma, niente male per una storia d’amore che è una storia di tenacia in cui si riesce, comunque, a trasferire in parte allo spettatore la sensazione di quanto possa tu amare la natura nonostante il dolore che possa provocarti; quanto essa possa lasciarti a bocca aperta per la bellezza anche mentre sta per toglierti l’ultimo respiro di vita e di speranza.
Una persona che ama il mare o la montagna vive sentendo la loro mancanza.
Cede una parte di sé alla sensazione di quando è a bordo o in cima. Non sarà mai presente del tutto perché un pezzo di sé sarà sempre lì. Sappiatelo.

La vera Tami (ora Oldamn Ashcraft che ha raccontato questa storia con Susea McGearhart in Resta con me pubblicato da HarperCollins) non ha mai smesso di andare per mare.