La mia generazione è cresciuta con una visione dell’Europa molto positiva.
Noi degli anni ’80 avevamo gli adesivi dei Paesi dell’Unione Europea da appiccicare sull’astuccio o sulla porta della cameretta, contavamo le stelline dei Paesi membri e cantavamo L’Europa siamo noi con Cristina D’Avena: ‘Europa unita, un sogno che diventa realtà, la voce della fraternità che tutte le frontiere abbatterà, portando un po’ di solidarietà nella nostra vita’. Non ci perdevamo una sola puntata di Giochi senza frontiere e siamo cresciuti credendo nell’Erasmus e nell’Interrail.
Per quanto mi riguarda, a diciassette anni ho vinto con un tema scolastico un viaggio nelle capitali della Comunità Europea, Bruxelles e Strasburgo. Il mio primo viaggio senza la famiglia o il mio allenatore di pattinaggio. Il mio primo viaggio libera dal mio ruolo di figlia e di atleta. La sera prima di rientrare in Italia dal Belgio, mi sono presa la mia prima sbronza. Una vera ubriacata europea.
Con quello stesso entusiasmo e conseguente scetticismo mi sono data alla visione di Piigs. ‘Piigs’, per chi non lo sapesse, è il termine coniato dai quei bravi ragazzi dell’Economist e usato dai media per riferirsi ai Paesi che hanno e stanno facendo fatica ad adeguarsi ai parametri economici dell’Unione Europea, ossia Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. Credo che detesterei questo maledetto acronomico anche se non appartenessi ad uno dei Paesi a cui esso si riferisce. In ogni caso, Adriano Cutraro, Federico Greco e Mirko Melchiorre sono tre documentaristi che hanno passato cinque anni facendo ricerche e due girando questo documentario che parla dell’Unione Europea, dell’euro e dello stato sociale e di quello che è accaduto nel nostro continente negli ultimi mesi con l’austerity, il Fiscal Compact eccetera eccetera, seguendo anche la storia di una Cooperativa del laziale, Il Pungiglione di Monterotondo, che forniva servizi socio educativi, di orientamento ed inserimento lavorativo a persone con disabilità e/o in condizioni di disagio e che fu colpita dai tagli alla spesa sociale seguiti alla crisi economica. Il racconto si snoda attraverso interviste al filosofo e linguista Noam Chomsky (un vero e proprio mito vivente), all’ex ministro delle finanze greco Yanis Varouufakis, all’economista capo della commissione di bilancio del senato degli Stati Uniti Stephanie Kelton, all’imprenditore ed economista Warren Mosler, al monetarista della London School of Economics Paul De Grauwe , allo scrittore Erri de Luca, al giornalista investigativo Paolo Barnard, al giornalista Federico Rampini. Gli autori del documentario si fanno portavoce di una critica dura all’austerity. Sono visibili solo all’inizio del film, quando parlano di un rientro in Italia di uno di loro e del desiderio di voler capire, e alla fine, quando Erri De Luca li indica come rappresentanti di una generazione che non riesce ad essere gruppo e a chiedere ‘la rivoluzione’. A prescindere dell’ideologia e dalla posizione dello spettatore è molto interessante che sia stata prodotta un’analisi di tematiche economiche per il pubblico cinematografico, sicuramente facilitata dal successo dello scorso anno di titoli come Inside Jobs di Charles Ferguson e La grande scommessa di Adam McKay (che però sono prodotti finzionali e hanno tutt’altro taglio). Claudio Santamaria è la voce fuori campo e purtroppo la sua notorietà e il suo valore distraggono, perché seducono e riflettono consenso sul punto di vista dei documentaristi.
La sensazione che resta dopo la visione del film è che si dovrebbe saperne di più, anche per prendere una posizione, per indignarsi o per comprendere la necessità del sacrificio. Io, almeno, vorrei saperne di più e vorrei essere più gruppo, come diceva Erri De Luca, anche per poter scegliere di non fare la rivoluzione. Dal 27 aprile Piigs è nelle sale cinematografiche italiane.