Joseph (David Moorst) continua a fare quel che deve. Suona la sua tromba. Dovrebbero aver vinto ma non è vittoria quella che vede attorno a sé. Sono cadaveri e gente che si trascina, terra, sangue e fuliggine. ‘Questa è la direzione giusta per Manchester?’ Il ritorno a casa è un miracolo. Joseph è riuscito a sopravvivere ad una battaglia il cui nome è conosciuto da tutti: Waterloo, la sconfitta di Napoleone. Ma anche se Joseph è dalla parte dei vincitori sa poco di vittoria il suo ritorno a casa. La sua famiglia e gran parte della sua città vivono nell’indigenza. Sua madre, Nelly (una straordinaria e irriconoscibile Maxine Peake), prepara pasticci di patate da rivendere o barattare al mercato cittadino. Suo padre e i suoi fratelli lavorano in una fabbrica tessile. Ha anche dei nipoti che sono cresciuti mentre lui faceva il suo dovere per il suo Paese. Ma anche se la storia che lui ha vissuto noi l’abbiamo studiata sui libri e il comandante che lo ha guidato alla vittoria è stato ricompensato profumatamente dalla classe al potere, per il popolino che come Joseph rischiava la pelle in prima fila non c’è nemmeno un aiuto nella ricerca di un lavoro impossibile. In tutto il territorio ci si trascina, seguendo gli ordini di chi dovrebbe sapere cosa è meglio per i sudditi ma non fa altro che ingrassare i propri simili sulle spalle del popolo ormai allo stremo delle forze. Ma la gente acquista man mano consapevolezza. Sono in molti i riformatori, moltissimi quelli che, vista l’assenza di un rappresentante in parlamento per il Lancashire, vorrebbero il diritto di voto, visto come unica possibilità per migliorare la propria condizione e poter sopravvivere. Ma dopo la rivoluzione francese, la nobiltà e il sovrano (alla reggenza c’è il figlio di Giorgio III, l’inetto e pingue Giorgio IV) sono terrorizzati dall’idea che quegli stessi ideali prendano piede sul territorio inglese e sono disposti a tutto pur di non riconoscere assolutamente nulla ai loro sudditi. Sono disposti a schiacciare anche quella divisa che ha rappresentato pure loro sul campo di battaglia. Avete mai sentito parlare di Peterloo?

Mike Leigh ci racconta un episodio terribile della storia inglese di 200 anni fa a noi quasi del tutto sconosciuto. È una storia del suo paese, della sua città natale, ma la stessa storia avrebbe potuto raccontarla partendo da piazza Tienanmen nel 1989 o dalle Cinque giornate di Milano del 1898. Si tratta sempre del faticosissimo percorso per la costruzione della democrazia.
Leigh è presente all’anteprima del film a Milano (il film è stato stato già presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia). Ci racconta del lavoro particolarissimo fatto con gli attori, di sei mesi di improvvisazione e dei dialoghi nati da quelli e da una successiva improvvisazione nelle location in cui la troupe avrebbe girato, la costruzione di un’opera in cui ogni minimo dettaglio è stato curato minuziosamente dal principio, dalla raccolta dei dati storici (dalle stampe popolari da cui hanno preso ispirazione per la scena principale – non c’è nessun riferimento pittorico anche se alcune inquadrature, per pura casualità, ricordano Vermeer) al casting (Leigh sottolinea che il produttore, Amazon Studios, non ha interferito su nulla), al trucco e parrucco. Il film di Leigh è un’opera intensissima che ci pone di fronte a una questione attualissima: arrivare alla democrazia è stato un percorso sanguinosissimo e, anche in questo film, non si può non sostenere chi viene oppresso. Ma da che parte ci ritroviamo quando poi il percorso democratico ci porta a situazioni come quella che stiamo vivendo? Quando democraticamente sale al potere Donald Trump e il popolo inglese vota per l’uscita dall’Europa? Un’opera difficile e importante che pone delle domande a cui nemmeno Mike Leigh sa dare risposta.