Sembra Babbo Natale anche quando esce dalla galera Ettore (l’adorato anche se biascicante Marco Giallini su cui ci sarebbero pagine da scrivere). Porta un sacco nero con tutta la sua roba dentro su una spalla, camminando con le gambe un po’ storte, prendendosi tutto il tempo del mondo, come se con una magia potesse imbrogliarlo, anche solo infischiandosene, ma in realtà la questione è che non ha moltissimi posti dove andare. Tenta prima da un tizio che lo ha coinvolto nella rapina che lo ha portato al suo arresto (Mauro, Antonio Gerardi che ha fatto per un po’ la Iena e ha dato il volto ad Antonio Di Pietro nella serie 1992) e poi dalla donna che gli ha dato una figlia (Laura, Barbara Ronchi, un volto che avete già visto sia al cinema – in Padrenostro di Claudio Noce e in Mondocane di Alessandro Celli – che in tv – è anche nel cast di Luna nera su Netflix e nella serie Imma Tataranni su Rai1); ma entrambi i tentativi vanno male. Anche il sacco che si trascina dietro in questo inizio di film sembra magico perché non ci va tutta la vita di un uomo in uno spazio così piccolo; pare troppo leggero, ma forse lo è perché Ettore sembra non percepire il peso del rimorso, delle scelte sbagliate. L’unico aiuto che riceve è quello di Nicola (Gigi Proietti), un vecchio signore che afferma di essere Babbo Natale e che Ettore cerca prima di derubare e poi di imbrogliare. E lo fa anche se, da bambino, proprio Babbo Natale voleva diventare.

In queste giornate fredde con un cielo cupo che anticipano il Natale (all’anteprima il clima non era così invernale e il sole e la bici hanno posticipato il tempo di scriverne), l’ultimo film di Gigi Proietti, è una carezza. Nulla di imprevedibile e di sconvolgente ma questa commedia natalizia è rassicurante, divertente, carina – Falcone, anche sceneggiatore – lo stesso autore del bellissimo Ti ricordi di me? di Ravello – gioca anche un po’ con la romanità dei due protagonisti e si permette qualche battuta autoreferenziale che strizza l’occhio a chi conosce i guai della Capitale (qualcosa tipo ‘Roma è bella, il clima è più gradevole della Lapponia, vero che ci sono le buche e il traffico, però…’), rende bravina a calcio la figlia di Ettore portandosi a casa l’apprezzamento di chi come me aveva come unica opzione di gioco a scuola la pallavolo (solo i maschi potevano giocare ‘a pallone?) e ancora impazzisce dietro il senso del folletto giocattolo. Non si incastra proprio tutto perfettamente ma va bene così.

Se non avete pretese, va bene così.