Degli sceriffi in cerca di un fuggitivo. C’è solo la sedia a rotelle di quest’ultimo, vuota, davanti a loro. Il capo dice agli altri: ‘Don’t worry he won’t get far on foot: tranquilli: non andrà molto lontano a piedi’. Anche John Callahan non riesce a fare molti metri senza la sua sedia a rotelle. Eppure, ridendo della sua stessa condizione e dandole vita nelle sue vignette, riesce a fare una cosa ancora più straordinaria, ossia rendersi visibile e rendere visibile l’handicap in generale. Ma questa è la fine del film, sono disegni che abbiamo visto e ci hanno fatto ridere e riflettere, del cui autore molti di noi non ne sapevano nulla. Questa è la storia del prima.
Perché prima di fissare l’inchiostro sul foglio, prima di disegnare, John Callahan vuole solo dimenticare.
Le cose che John Callahan cerca di dimenticare sono precisamente tre:
(1) che sua madre è un’insegnante
(2) che sua madre è un’insegnante irlandese – americana
(3) che sua madre è un’insegnante irlandese – americana con i capelli rossi come i suoi.
Poi ne aggiunge una quarta: ossia (4) che sua madre è un’insegnante irlandese – americana che non lo ha voluto. John ripete questi punti in continuazione. Crede lo definiscano, contraddistinguano e giustifichino.
Dai tredici anni in poi John beve per dimenticare. Poi, sempre a causa di questi punti e delle loro conseguenze, è coinvolto in un incidente e resta su una sedia a rotelle, incapace di muovere tutto ciò che è sotto il busto e allora aggiunge una quinta cosa alla sua richiesta di oblio. Ma un giorno qualcosa, o qualcuno, gli fa venire voglia di ricordare in un modo diverso, senza autodistruggersi; così John si fa spingere il suo bel culo per raggiungere Donnie e il suo gruppo di ex alcolisti, persone e personaggi molto diversi da quello che potremmo pensare. Lì si renderà conto di cose che la ripetizione dei suoi ormai cinque punti non gli aveva fatto vedere e sentirà il bisogno – e scoprirà il potere – di raccontare problematiche che vive in prima persona. Ma in modo sarcastico, con un approccio che finora non sembrava possibile. Momenti e storie su cui il politically correct non solo spesso non ci permette di ridere, ma nemmeno di riflettere. Chi meglio di un alcolista paraplegico con uno sponsor omosessuale malato di AIDS poteva mettere un punto e sfidare la nostra tremenda quotidianità? Gus Van Sant torna alla macchina da presa dirigendo un cast spettacolare in cui spiccano Joaquin Phoenix (che ogni volta sembra superare se stesso e che sfreccia sulla carrozzella di John Callahan come un campione di Formula 1) e un incredibile Johnan Hill (nei panni di Donnie, lo sponsor di John che, purtroppo nella mia mente a causa di mio fratello sarà sempre legato all’abbastanza squallido Suxbad – Tre menti sopra il pelo ma che ha ricevuto due nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista nel 2012 per L’arte di vincere di Bennett Miller e nel 2014 per The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese). Un film necessario, bellissimo, assolutamente da non perdere, con una colonna sonora favolosa, in cui il pietismo del prossimo e l’autocommiserazione ne escono magistralmente sconfitti.