Lorenzo (Frank Matano) è un avvocato squattrinato che accetta casi strampalati facendosi aiutare dall’estetista (Diana Del Bufalo) che gli subaffitta uno spazio del suo negozio come studio e che gli funge da segretaria perché attratta (anche se quest’attrazione a me è risultata davvero poco visibile) dalla possibilità di una storia d’amore platonica e impossibile. Sua moglie Emma (Cristiana Capotondi – che riesce abbastanza credibile nell’adozione di un accento salernitano) vive con i suoi tre figli (un adolescente con la zeppola che non parla due mesi e due gemelle che Lorenzo non riesce a distinguere) dal suo nuovo fidanzato Alfonso (Francesco Scianna, un medico di successo e affidabile e noioso come Lorenzo non riuscirà mai ad essere) ed è solo in attesa della firma del divorzio per liberarsi finalmente di quello che già considera il suo ex marito. Lorenzo, in realtà, non vuole lasciarla andare perché ancora spera di poter recuperare, nonostante ogni sua decisione presa si riveli come un ulteriore problema da dover risolvere. Abbandonato anche dai suoi figli che non si sono presentati  ad un appuntamento allo zoo per la visita settimanale che gli spetta (o Lorenzo avrà sbagliato giorno, cosa assolutamente probabile?) si ritrova da solo ad osservare e a riconoscersi in una delle attrazioni principali, il gorilla (un animatronic con un pensiero che ha la voce di Claudio Bisio – che, non sapendolo, io non ho riconosciuto, e la cui capacità di esprimersi e creare un rapporto con il pubblico in realtà non fa procedere l’azione né aggiunge moltissima comicità, a parte la passione per Gelato al cioccolato di Malgioglio, dato che di figure comiche o con un lato comico ce ne sono già tante) e pensa che cercare di liberarlo facendo causa allo zoo potrebbe portargli notorietà, fama, maggior rispetto da parte dei suoi figli e ammirazione da parte della moglie. Bell’idea, no? Peccato che, nonostante vinca la causa, il giudice decida che sia Lorenzo a dover pagare il trasferimento del primate in Africa e che, impossibilitato a farlo, Lorenzo si trovi costretto a dividere con l’animale il suo appartamento.

Luca Miniero (regista della commedia italiana più variegata da Incantesimo napoletano, Questa notte è ancora nostra, Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord e Un boss in salotto) ha preso spunto per questa storia da un caso reale di una sentenza statunitense in cui un gorilla è stato riconosciuto come una ‘persona non umana’. Il regista voleva inserire in una famiglia strampalata e allargata (Lorenzo non riesce a liberarsi del suo vicino scroccone Jimmy interpretato da Lillo) un elemento naturale, spontaneo, che gli facesse indagare l’essenza delle persone e dei rapporti e il tema dell’accoglienza e di come questa influenzi, appunto, le persone e i rapporti. E di come possa la capacità di accogliere divenire un legame.

In realtà, a me il tutto è parso semplicemente una commedia leggera e piacevole, adatta a un pubblico allargato e senza troppe pretese, che fa scappare di frequente il riso in maniera per nulla volgare, in cui però, spesso è meglio sospendere il giudizio e l’aspettativa di situazioni e reazioni comprensibili, le figure tratteggiate sono monodimensionali, c’è molta carne sul fuoco e il finale si realizza in modo troppo frenetico (mentre il personaggio riuscitissimo di Gus – interpretato da Massimo Di Lorenzo – l’ambientazione circense che lo avvolge e il suo rivelarsi quasi disneyano nella sua crudeltà sono elementi che sarebbero potuti essere sfruttati di più) e un po’ troppo alla ‘volemose bene’.

Non si dovrebbero fare confronti di questo tipo ma, mentre Zalone nelle sue commedie ci ha presentato il peggio del nostro essere italiani andandoci talmente tanto dentro da farcene rendere poi conto come in una sorta di riflusso amarissimo, qui questo meccanismo non scatta. Non sembra esserci molta differenza tra la prigione dello zoo e la prigione dell’appartamento di Lorenzo, nonostante il tentativo di farlo sembrare una giungla e di travestirsi da animali da parte del piccolo nucleo che si è formato attorno al gorilla ‘Beppe’.
Anche se una delle battute più riuscite resta quella del gorilla che dice: ‘Qua vogliono riportare tutti in Africa, tranne me che ci voglio andare’, il film non parla davvero di barriere e non produce nei suoi protagonisti cambiamenti significanti se non ‘smollare’ un po’ di più Emma nel farle riconoscere che quello che davvero le interessa potrebbe non essere quello che tutti potrebbero desiderare. Lorenzo potrà anche avere un po’ più di lavoro legato agli animali e forse recupererà la sua famiglia. Ma stavamo parlando di questo, no? Ci serviva davvero un Gorilla?

In più, da brava campanilista, mi sento di aggiungere che mi ha resa felice l’ambientazione nel salernitano. In Campania – e non solo a Napoli – si può fare cinema. Per il resto, andare al cinema fa bene. Ma si può fare di più.