Jimi non è solo un cane per Iannis (Adam Bousdoukos, bravissimo attore adorato nell’ormai cult Soul Kitchen di Fatih Akin) ma famiglia, oltre che prova dell’esistenza di una parte buona di sé, delle cose quando andavano bene, l’obbligo alla cura e – ultimo ma non ultimo – legame con la sua ex ragazza Kika (Vicky Papadopoulou) di cui è ancora innamorato nonostante lei conviva con un altro e non voglia più saperne di lui (anche se è stato il suo abbandono la causa della ‘caduta’ di Iannis verso il basso). Perdere Jimi sarebbe una tragedia comunque, ma lo è ancor di più perché Iannis vive a Nicosia, l’ultima capitale divisa del mondo, nella Repubblica di Cipro, tra Grecia e Turchia (nello specifico, la parte meridionale è capitale della Repubblica di Cipro e quella settentrionale, è capitale della Repubblica di Cipro del Nord, riconosciuta solo dalla Turchia) dal 1974. Da allora, la città è separata da una zona cuscinetto controllata dalle Nazioni Unite (l’UNFICYP, United Nations Peacekeeping Force in Cyprus, presente nell’area dal 1964). Dal 2003 c’è un check point che permette la circolazione tra le due parti dell’isola, ovviamente se si hanno i documenti, che Iannis ha. Quando Jimi passa nella zona turca, Iannis riesce a riprenderlo ma non può riportarlo indietro secondo una legge che vieta l’ingresso agli animali che sono stati a nord, per motivi sanitari. ‘Scusate ma come fate con gli uccelli e i cani e i gatti randagi che fanno avanti e indietro da una parte all’altra? E con i pesci?’ chiede Iannis. Nulla di fare. Jimi deve restare di là. Ma quel di là è molto vicino al di qua, è terra, passato, presente e forse futuro.
Marios Piperides ci parla di confini, di persone che dovrebbero odiarsi ma che sono fin troppo simili, di individui colpevoli solo per essere nati in un luogo e non in un altro. Ci mostra un posto che potrebbe farci paura, facendoci ridere – anche tantissimo – delle situazioni paradossali che ci presenta (che a me ricordano, comunque, tantissimo atmosfere vissute nel mio amato Sud) e facendoci amare una città e la sua gente come fosse la nostra. Facendocela riconoscere come nostra, perché ci raccontiamo sempre di noi e del pazzo mondo in cui stiamo vivendo.
Applausi.