‘Una scintilla e la guerra divampa’. Questo è l’ultimo messaggio della resistenza umana. Poi, nulla più. Sono dieci anni che gli umani sono sotto controllo. Hanno perso la battaglia, sono stati sottomessi. Secondo alcuni è stato un bene. Siamo nel 2025 a Chicago, una città polverosa, al cui centro svetta la Sears Tower, la torre di controllo, nucleo della sorveglianza aliena. Gli esseri umani hanno tutti un chip sottopelle all’altezza del collo che gli consente di essere individuati anche dalle forze di polizia umane, che rispondono agli ordini dei Legislatori alieni e vengono affiancate dai Cacciatori, gli unici alieni che lo spettatore potrà vedere, quelli ‘a terra’, quelli che effettuano la pulizia dei dissidenti e eliminano ogni traccia del dissenso. Pilsen è il quartiere in cui Gabriel (Ashton Sanders, adorato in Moonlight, discussissimo Oscar come miglior film del 2006 con la regia di Barry Jenkins) sopravvive. Suo fratello Rafe (Jonathan Majors che avete visto in Hostiles di Scott Cooper) può vederlo su alcuni muri della città: è uno degli ultimi uomini della resistenza ad essere stato ammazzato. I loro genitori all’inizio di questa storia avevano cercato di andare contro gli alieni, di uscire dalla zona buia insieme ai loro figli, ma anche loro erano stati uccisi davanti ai due ragazzini. Gabriel ha sempre alle calcagna il capitano Mulligan (uno spietato e sofferente John Goodman), un poliziotto molto amico di suo padre che ha cercato di aiutare i due fratelli Drummond dopo la morte dei genitori nonostante rappresenti lo stato alieno e non sia clemente nei confronti delle scelte non in linea con la legge dei due ragazzi (nessuna pietà nemmeno nei confronti della memoria di Rafe). Ma un giorno, Rafe ricompare a suo fratello. ‘Una scintilla e la guerra divampa’.

Rubert Wyatt (regista di L’alba del pianeta delle scimmie, The Gambler, The escapist) ci racconta un futuro distopico in cui lo stato del pianeta sembra essere comunque quello che potrebbe essere un domani senza alcuna intromissione aliena. Nel racconto, è un essere proveniente dall’esterno che sfrutta le risorse del nostro pianeta fino a sfinirlo, niente di molto dissimile da quello che stiamo facendo da soli. Wyatt prende spunto dall’opera di due registi degli anni ’60, Jean Pierre Melville e Gillo Pontecorvo, nel raccontare una lotta contro l’oppressione che ritiene ora più che mai attualissima. Quando è nato il progetto era il 2016 ma con la vittoria alle elezioni di Trump questa storia sembrava ancor di più trovare senso di esistere.

Il racconto scivola di mano in mano da un personaggio ad un altro, come in un telefono senza fili in un labirinto da cui è difficile uscire. Gabriel (molto simile secondo me a Miles Morales di Spider-man: un nuovo universo, forse semplicemente perché gli eroi si somigliano un po’ tutti) raccoglie nel finale il senso della sua storia. Anche il senso del ricordare le storie che ci raccontiamo e che studiamo a scuola. Ad alcuni sarà sembrato un film banale. A me non è dispiaciuto. Perché voglio credere che la possibilità di fare scintilla appartenga a tutti noi.