1770. Marianne (Noémie Merlant) si è offerta come modella alle sue stesse allieve della classe di ritratto. Si accorge di un quadro che aveva riposto altrove. Lo ha dipinto lei stessa, anni prima; pare turbata: nel buio di una notte senza luna, una giovane in fiamme.

Marianne è su una barca. Un’onda fa cadere in acqua parte del suo bagaglio, una struttura lignea che galleggia come una zattera. Qualcosa a cui aggrapparsi, la tela bianca. Lei si tuffa in mare, senza fare una piega, senza alcuna attesa di aiuto, senza alcuna pretesa ‘femminile’ di essere servita o di ricevere aiuto dagli uomini, senza alcuna pretesa da passeggero di essere aiutata dai marinai per recuperare le sue cose. La barca atterra direttamente sulla sabbia. Marianne continua a muoversi a terra, fiera, autonoma, adulta, nonostante il peso degli abiti inzuppati e del bagaglio poco maneggevole. Solo la domestica di casa, Sophie (Luana Bajrami), poco più di una bambina, è sveglia all’arrivo della pittrice. L’indomani incontrerà la padrona. La casa è disadorna e silenziosa. Marianne si spoglia e asciuga il suo corpo e lo strumento della sua opera al fuoco di un camino. Nuda, la pittrice e la tela. Piene di possibilità, fumano.

La figlia maggiore della Contessa (Valeria Golino) è morta, forse suicida, poco prima di convolare a nozze con un gentiluomo milanese che avrebbe riportato a Milano, ad una vita più civile di cui ha sentito la mancanza, anche sua madre. La donna, quindi, ha ritirato da un convento la figlia minore, Héloise (Adéle Haenel, attrice per la quale è stato scritto questo personaggio dalla regista, Céline Sciamma, un tempo sua compagna) affinché possa sostituirsi alla malcapitata sorella. Affinché questo accada, come era solito all’epoca, ha bisogno di inviare a Milano un ritratto della ragazza perché il nobile italiano possa acconsentire finalmente alle nozze. Peccato che Héloise non abbia alcuna intenzione di favorire la produzione del dipinto, in un tentativo disperato di rallentare il più possibile il suo destino di merce di scambio. Marianne è stata ingaggiata per dipingerla di nascosto cercando di immagazzinare ogni minimo dettaglio del tempo trascorso con lei fingendosi una dama di compagnia. Da riporre poi sulla tela.

Céline Sciamma (che personalmente ho molto apprezzato in Diamante nero) continua a raccontare il femminile. Lo fa in maniera sensuale, delicata ma al tempo stesso decisa, raccontando il passato e un mondo nel quale, nonostante una società in cui la donna è relegata ad essere oggetto di baratto e ha pochissima autonomia (oggi ipocritamente il meccanismo è pressapoco lo stesso ma una volta scoperto si ostenta indignazione) le donne agiscono in maniera molto più paritaria, sono più consapevoli delle uniformi che indossano e sono tutte ‘in fiamme’. Vive. Piene di desiderio. Ritratto di una giovane in fiamme è un film bellissimo sulla vita, sull’arte, sul privilegio di poter usufruire di un’opera d’arte, sul bramare la possibilità di assistere al bello; è un film sull’osservazione, sul dettaglio, sulla pulizia della concentrazione, sullo studio, sul peso specifico delle cose e sul rumore che le cose fanno (non c’è colonna sonora, ad eccezione della musica diegetica, canticchiata o suonata o cantata nello svolgersi degli eventi); è un film sull’identità, sulla cura, sull’uguaglianza tra persone appartenenti a classi sociali, a ruoli differenti, tutti alla stessa tavola, tutti attorno allo stesso fuoco. Avrei insistito di meno sul sesso (e sul suo corollario) perché mi è parso privare forza e aggiungere del non necessario alla pellicola ma, in ogni caso, sono rimasta sul bordo della poltroncina, in bilico, scomoda, ad aspettare con ansia. A fare il tifo per l’amore, per il ricordo dell’amore, anche non veritiero, perché la pagina 28 faccia sorridere ancora e scacci quella parvenza di tristezza. Ho fatto il tifo per queste donne meravigliose, nonostante e per le loro particolarità, perché mi auguro un presente in cui nessuna di noi possa pensare che un’altra possa disprezzare la vita. Perché nessuna mai debba desiderare per così tanto una cosa. Perché tutte possano raccontare di aver conosciuto l’amore e aver fatto un bagno in mare. Perché correre è davvero meraviglioso.

Donne pittrici:
Elizabeth Vigée Le Brun, Artemisia Gentileschi, Angelica Kauffman.
In questo film a dipingere è Hélene Delmaire. Ho voglia di saperne di più.