Per me Paddington è sempre stato ‘Inghilterra, Londra, british language & style’. Le buone maniere, il lasciare il passo e mantenere la porta, lo scoprirsi la testa per salutare, l’impermeabile o il cappello a tesa larga e gli stivali per la pioggia, la bandierina di quel Paese. L’ingenuità e la tenerezza. I giochi di parole che a me non fanno quasi mai ridere.
Scoprire, nel primo film della serie, che Paddington è peruviano – anche se il suo nome non lo è – mi ha un po’ disorientato. Alla fin fine è un po’ strambo – ma anche moderno e segno dei nostri tempi – che ad incarnare alcune caratteristiche tipicamente inglesi (ma ancor meglio londinesi) sia un emigrante clandestino. Spesso, infatti, chi impara delle cose dall’esterno spesso ne ha più cura di quelli che lo fanno a casa propria.
Paddington è stato ritrovato da cucciolo da una coppia molto particolare di orsi, zia Lucy e zio Pastruso, che lo hanno salvato da morte certa. I due sono stati educati alle maniere inglesi da un gentleman, Sir Montgomery Clyde, esploratore, che li ha scoperti in Sudamerica e, invece di catturarli e di portarli a Londra come trofei dopo averne scoperto la straordinaria intelligenza e capacità di apprendimento (secondo buona parte della concezione del tempo e dell’approccio condiviso anche da sua nipote Millicent – Nicole Kidman – il cattivo del primo film della serie), li ha studiati facendone semplicemente la conoscenza e non è ripartito per l’Inghilterra senza dimenticare di invitarli a fargli visita per poter ricambiare l’ospitalità.
Niente di più naturale quindi, dopo la morte di zio Pastruso, che zia Lucy imbarcasse il piccolo verso Londra, sicura che qualche buona famiglia inglese si sarebbe occupata di lui. Londra sarebbe stato il futuro. Paddington è diventato Paddington attendendo una famiglia che gli desse anche un nome british – la famiglia Brown – e dividendo il suo pasto – un panino alla marmellata di emergenza da tenere sempre sotto il cappello secondo i dettami di zio Pastruso – con dei piccioni. Nel primo film, Paddington inizia la sua vita inglese e, dopo aver sconfitto la dottoressa Millicent ed evitato l’imbalsamazione, viene accettato come suo membro dalla famiglia Brown, in particolare dal riluttante Mr. Henry Brown (Hugh Bonneville).
Il secondo capitolo si apre in Windsor Gardens, dove Paddington contribuisce ormai – mai senza guai – non solo alla sua vita familiare ma anche a quella della piccola comunità che vive lungo la strada. Interessato a fare un regalo di compleanno speciale da spedire a zia Lucy in Perù per il suo 100° compleanno, si imbatte in un libro pop up su Londra nel negozio di antiquariato di Mr. Gruber (Jim Broadbent), molto prezioso perché disegnato da Madame Kozolska, un’artista russa degli anni ’20 proprietaria anche di un carrozzone del circo in quei giorni in città. Paddingotn cerca addirittura un lavoro per poter raggiungere la cifra necessaria a comprarlo ma il libro scompare e lui viene accusato del furto.
Il film è molto tenero e divertente, educativo e pieno di azione e colpi di scena (che potrebbero non far impazzire i più piccoli – ‘troppa trama!!!’). Le ambientazioni, le scene e la fotografia rimandano un po’ a Wes Anderson, le situazioni, invece, a classici della letteratura e alle figure eroiche british. Hugh Grant (che interpreta l’attore Phoenix Buchanan, il cattivo di questo secondo film) si è prestato a un ruolo per il quale era necessaria un’enorme dose di autoironia. Peccato non aver visto l’anteprima in inglese perché i suoi cambi di personaggi in lingua originale devono essere ancora più spassosi. Nella versione italiana, Paddington ha la voce di Francesco Mandelli, il ‘non giovane’, che solitamente dà il suo meglio con una tipologia di personaggio diversa dall’orsetto tenerone, la cui scelta per me non ha senso e che mi fa rimpiangere ancor di più l’originale. Nel ricco cast anche il bravissimo Brendan Gleeson, il cuoco Nocche McGinty, un cattivone che si dimostrerà molto più sensibile di quello che il suo aspetto avrebbe fatto pensare e che porterà ancora una volta ad apprezzare ancora di più la capacità dell’orsetto di notare e far emergere il lato buono delle persone. Anche quelle che più spaventose. Preparatevi a un finale strappalacrime che ha commosso anche un cuore di pietra come il mio.