Peter e Judy, nel film Jumanji del 1995, ritrovavano un gioco da tavola nella soffitta della villa Parrish dove si erano appena trasferiti con la zia dopo la morte dei  genitori in un incidente stradale durante un viaggio in Canada (ho sempre adorato tutti questi dettagli, quasi ironicamente inseriti in quel film e il loro ruolo nella scrittura del racconto). Questo gioco era Jumanji, lo stesso che era stato seppellito da due ragazzi terrorizzati nel 1869, poi ritrovato nel 1969 da Alan Parrish accanto alla fabbrica di scarpe di suo papà. Lo stesso che ne aveva causato la scomparsa. Peter e Judy riprendevano a giocare riportando indietro Alan, ormai trentenne, con cui erano costretti a finire la partita per poter riportare l’ordine nella cittadina fittizia di Brantford in New Hampshire. Nei panni di Judy c’era una ragazzina di nome Kirsten Dunst, in quelli di Alan trentenne Robin Williams. Ed io avevo la stessa età del bambino, Peter, Bradley Pierce, doppiatore notissimo, voce originale di ‘Chicco’ ne La Bella e la Bestia della Disney.
Senza voler fare troppo spoiler (ma se non avete visto Jumanji, un film di avventura con personaggi drammaticissimi come si faceva negli anni ’80 – due fratelli orfani, un ragazzino bullizzato che non riesce a comunicare con i suoi genitori e una donna che ha passato tutta la vita a tentare di superare un trauma isolandosi ed essendo isolata da chiunque –  recuperatelo perché merita), Jumanji finiva con il gioco da tavola ‘battente’ (anche oggi il marchio del gioco è la percussione tribale) su una spiaggia francese. In Jumanji – Benvenuti nella giungla si riparte dal 1996. Alex Vreeke sente rumore di tamburi provenire da un gioco da console che suo padre ha trovato correndo in spiaggia (anche se non siamo in Francia ma nuovamente negli Stati Uniti). Il nome del gioco è appunto: Jumanji.
E come già era successo ad Alan nel 1969 nel primo film, anche Alex scompare. Nel 2016, la casa di Alex sembra abbandonata. Suo padre vi si muove come un fantasma chiedendo a tutti di stargli alla larga. Tra i terrorizzati da quel luogo c’è Spencer Gilpin (Alex Wolff, il carinissimo attore/musicista protagonista di The Naked Brothers Band), classico ‘secchione’ che farebbe di tutto per recuperare il vecchio legame che lo univa a ‘Fridge’ Johnson (Ser’Darius Blain, attore trentenne che interpreta un teenager), suo vicino di casa e un tempo amico e ora star della squadra di football che accetta i patetici tentativi di riavvicinamento (ossia gli fa fare i compiti al suo posto). Si ritroveranno in punizione con loro (che vi ci sono finiti per la truffa scolastica scoperta dall’insegnante) anche Bethany Walker (Madison Iseman), bellissima, superficiale e completamente dipendente dal suo cellulare, e Martha Kaply (Morgan Turner), intelligente, poco sportiva e popolare. Mentre sono insieme in punizione, Spencer si accorge di un vecchio gioco collegato alla tv. Come resistere al tentativo di fare una partita?
Ed è così che i quattro si ritrovano catapultati nel mondo di Jumanji (che, finalmente, questa volta possiamo vedere anche noi, a differenza del primo film in cui parte del mondo di Jumanjii – scimmie e quant’altro – seguiva Alan nel mondo reale). Ognuno di loro, però, non riconosce se stesso perché ha preso le sembianze del giocatore scelto: così Spencer è diventato il muscolosissimo e aitante Dr. Smolder Bravestone (Dwayne Johnson), Fridge veste i panni di Moose Finbar, bassissimo portaborse  del Dr. Smolder con qualche problemino con le torte(Kevin Hart), Martha si ritrova nella sexy combattente Ruby Roundhouse (Karen Gillan) e Bethany in un uomo (!), il professor Sheldon Oberon, eccellente cartografo (Jack Black). Ovviamente questo creerà non poche difficoltà, anche perché i quattro non avranno altra scelta che giocare insieme sfruttando capacità complementari per tentare di tornare nel mondo reale e abbandonare Jumanji.
Jumanji è un film di avventura molto divertente che ironizza sul mondo dei videogiochi e su come il cinema se ne è occupato. Parla di consapevolezza, di fiducia in se stessi e negli altri, nell’essere pronti a sacrificare qualcosa e a fare un passo indietro. Parla di famiglia e del valore dell’amicizia. Nostalgicamente ci verrebbe da dire che non è all’altezza del primo film a cui si riferisce (su Jumanji vediamo la capanna in cui Alan Parrish ha vissuto, un omaggio al primo film che fa tenerezza) ma alla fin fine è un prodotto che non delude il pubblico a cui si rivolge. E che non ti fa pentire dei soldi spesi.
(E spero proprio di non parlare come Alex Vreeke!)

Buon 2018 a tutti.