Le unghie di Mia, corte corte con le pellicine rovinate, evidentemente mangiucchiate per nervosismo o semplice noia. La cura  di Paolo nell’asciugarsi dopo la doccia, come per preparare tutto bene per essere il più invisibile possibile. La voglia di sentire un po’ di più della vita, cercando il vento fuori al finestrino, il battito del cuore accelerato quando ti intrometti nella vita di qualcuno che non è più tuo. Ne Il padre d’Italia di Fabio Mollo ci sono piccoli dettagli e situazioni che ognuno di noi può riconoscere. Fanno parte della vita e, anche se non sono per niente didascaliche, si fanno riconoscere. Mollo disegna due personaggi opposti: Mia – del Sud Italia, bugiarda per capriccio più che per convinzione, colorata, eccessiva, rumorosa e incinta di sei mesi chissà di chi, interpretata da una straordinaria Isabella Ragonese – e Paolo – torinese, silenzioso, affidabile, metodico, che non riesce ancora a superare la fine di una storia importante con un altro uomo che è finita dopo otto anni, con la faccia, il corpo e il cuore dell’incredibile Luca Marinelli.
Cerca il buio Paolo, la dimenticanza, quando Mila gli finisce letteralmente tra le braccia. E lui fa una cosa rarissima: se ne occupa. Non è nel ruolo di doverlo fare ma è forse la cosa più vera che gli sia capitato di ‘sentire’ negli ultimi tempi. E quindi l’aiuta, percorrendo con lei tutta l’Italia, iniziando a ricordare da dove si era davvero partiti e riconoscendo quanto peso abbiano su di noi, le pressioni e le aspettative degli altri. Quanto ci faccia paura confrontarci con i nostri sogni, quanto desideriamo così tanto delle cose da respingere l’idea che possano accadere.
Mollo affronta una tematica molto spinosa confrontando gli opposti: in questo modo, alla domanda: ‘è naturale essere genitori?’ si accompagna il contrario: ‘è contro natura non essere genitori?’ Lo fa raccontandoci di due trentenni di oggi – omosessuali, non omosessuali, stabili sentimentalmente o no, siamo tutti uguali – nel nostro Paese.
Lo fa invitandoci a occuparci di questo tema, dell’essere o non essere genitore, a occupare il nostro tempo con il pensiero di un sogno, di un futuro.
Perché, anche se Paolo si chiede come si possano fare delle cose nel nostro Paese – disegnato da Mollo come una periferia imperfetta, interrotta e bellissima – Mia gli risponde: ‘Si fa. In qualche modo si fa’. E noi, in qualche modo, faremo.

[In bocca al lupo a Rhò – Rocco Centrella – un sannita che ha selezionato e ha arrangiato le musiche di Giorgio Giampà. Sono rimasta fino alla fine dei titoli di coda per vedere chi si fosse occupato della colonna sonora, dato che mi aveva fatto battere il cuore, e tra i vari nomi c’era lui. Veniamo dalla stessa provincia del Sud e questo bellissimo film racconta una storia che ci appartiene.]