John Garrit (Gerard Butler, il Leonida di 300 di Zack Snyder) è un ingegnere civile che trascorre periodi anche lunghi lontano da casa, in città, anche perché, quando si decide a lasciare il cantiere a cui sta lavorando per rientrare, sembrano esserci tensione e imbarazzo tra lui e sua moglie e il matrimonio con Allison (Morena Baccarin, la prima faccia di una serie lunghissima in questo film che vi fa dire ‘O mamma, ma questa l’ho già vista’ – si tratta di Anna, la manipolatrice di V, remake del cult degli anni ’80 Visitors, a cui seguiranno Hope Davis, Mia di In-Treatment, il padre di Allison, Kevin di The Leftovers e un pilota, Holt McCallany di Mindhunter, tutti ‘guarda chi c’è’) sembra tenersi ancora in piedi solo per il bene del piccolo Nathan (Roger Dale Floyd, l’inquietantissimo Danny sul triciclo in Doctor Sleep di Mike Flanagan, remake di Shining), molto eccitato per la sua festa di compleanno imminente e per il passaggio di un asteroide/cometa chiamata Clarke (vogliamo parlare del fatto che qualcosa che viene da un mondo altro si chiami come Superman?) vicino al nostro pianeta. Mentre John è con suo figlio a fare la spesa per la festa, riceve uno strano messaggio sul cellulare, in cui gli viene comunicato di doversi preparare esclusivamente con la sua famiglia per raggiungere una base militare. Ovviamente, il passaggio di Clarke è un po’ troppo ravvicinato rispetto alle aspettative e buona parte del pianeta ne verrà devastato. John e la sua famiglia, a differenza di tutti i loro conoscenti, sono stati considerati come soggetti utili per il mondo che verrà dopo l’impatto di Clark sulla Terra, ma chi ha preso questa decisione non sembra sapere che Nathan è diabetico. Riuscirà John a raggiungere Greenland (ossia la Groenlandia del titolo che non si capisce per quale motivo non sia stato tradotto e sia così incomprensibile ai più nella terra in cui è la prassi tradurre anche il comprensibile e il didascalico e far seguire i titoli da sottotitoli quasi sempre imbarazzanti, solitamente comprendenti le parole – a seconda del genere – ‘avventura, inferno, catastrofe, amore, cuore’?) a ricomporre la sua famiglia e a salvare il salvabile?
Ogni volta che vedo un prodotto del genere, soprattutto realizzato in questo modo, mi chiedo da quale bisogno nasca. Nonostante un cast di buon livello e una buona recitazione, volendo anche tralasciare strafalcioni in alcune scene (l’insulina, la coperta di Linus, i panini, la non lettura del primo messaggio da parte di Allison che sembrano elementi narrativi troppo telefonati o senza motivo), dialoghi imbarazzanti (l’ho visto in italiano ma non credo che la qualità dell’originale sia di molto superiore) e una durata eccessiva, Greenland ha una scrittura traballante perché pare più un dramma familiare che un film catastrofico e resta sulla superficie di ogni finestra che apre e di ogni motivazione che ne muove i personaggi, tanto che ci si dimentica quale sia l’obiettivo di questo viaggio, non si segue del tutto il cambiamento dei suoi eroi (se non un semplice ‘siamo insieme o no’) e ci si chiede chi sia lo spettatore a cui questo prodotto è destinato. Ho detestato in particolar modo il finale; senza fare spoiler, avrei preferito finire con il buio e non vedere un accenno di qualcosa che comunque è riduttivo rispetto alla mia capacità di immaginare oltre. E non ho capito se questa mia assenza di un desiderio di raggiungere Greenland fosse dovuta al fatto che non è quella la cosa più importante nel film, oppure se si sia trattato di una sensazione del tutto casuale. Insomma, se dovete passare due ore con la mascherina in una sala buia, personalmente vi consiglierei di scegliere un altro titolo. Non potete nemmeno abbuffarvi di rassicuranti popcorn!