‘Si diviene ciò che si pensa. Questo è l’eterno mistero’.
(VI, 34, 3; 2010) Maitrī Upaniṣad
Inizia con questa citazione Gli asteroidi di Germano Maccioni. Mi sono chiesta se fosse un invito ai ragazzi della stessa età dei protagonisti della storia a  tentare di essere migliori di un destino che potrebbe già essere segnato.
Cosmic (Alessandro Tarabelloni) è il matto del villaggio. Da bambino credeva di poter volare come Superman e si è lanciato dal balcone sotto gli occhi dei suoi amici. Cadendo, ovviamente. Da quel momento è rimasto un po’ ‘toccato’ ma ha mantenuto la passione per lo spazio e legge moltissimo e di tutto, alimentando la sua particolarissima intelligenza con dati e una conoscenza che ne fanno un ragazzo coltissimo nonostante la rotella mancante. È sicuro che il destino del suo paesino di provincia, in Emilia Romagna, sia già segnato: a giorni dovrebbe cadere un asteroide, controllato anche da un istituto che ha base proprio lì, che distruggerà la Terra.
I suoi amici Ivan e Pietro (Nicolas Balotti e Riccardo Frascari alla prima esperienza cinematografica) non hanno molto da perdere: Ivan ha un lavoretto e cerca di sfuggire ai tentativi del padre – un operaio invischiato col sindacato che spera in un miglioramento di vita ma è violento e si addormenta spesso in macchina per colpa della bottiglia – di trovargli un posto fisso che potrebbe renderlo come il genitore (giammai) e Pietro sta ripetendo l’ultimo anno delle superiori bulleggiato da alcuni ragazzi del paese mentre sua madre cerca di non perdere la casa, dopo il suicidio del marito imprenditore che li ha lasciati pieni di debiti. In tutto questo, nella loro zona si stanno verificando dei furti da parte di quella che viene chiamata come ‘La Banda dei candelabri’, proprio perché colpisce le parrocchie della provincia. Non c’è più rispetto nemmeno per la casa di Dio.
E per due ragazzi che si muovono come asteroidi – come afferma anche Maccioni nelle note di regia – e gravitano senza trovare una propria collocazione, l’illecito potrebbe fornire delle soluzioni oppure, dal momento che vagando ci si perde per traiettorie imprevedibili, essere l’elemento che crea una collisione che si poteva evitare.

Il film di Germano Maccioni è una piccola occasione persa. Sulla carta il progetto sembra valido, la sceneggiatura potrebbe rendere ma dei dialoghi assurdi possono essere gestiti solo da attori che si fanno le domande giuste prima di aprire bocca e, purtroppo, Maccioni non riesce a supplire con la regia a quest’incapacità delle giovani leve. Accanto ai protagonisti inesperti (facce molto interessanti che hanno ancora moltissimo bisogno di fare esperienza) ci sono Pippo Delbono, che è sempre molto bravo ma che non può salvare le performance degli altri, e Chiara Caselli, che avrebbe potuto indossare il reggiseno almeno in una scena. Peccato dicevamo, perché l’idea alla base del film c’è, le atmosfere disegnate sono interessanti (nel container in cui c’è la storia della provincia c’è la storia di metà delle province di questo Paese e l’opera di Cosmic colpisce), le facce scelte sono reali (finalmente, nasi importanti, ragazze belle ma diverse da quelle che vediamo solitamente) come i profili dei personaggi (la madre Teresa che cerca di imparare il cinese con delle videolezioni è assolutamente credibile così come gli operai che vengono dal Sud e non abbandonano il loro accento) e, soprattutto, ci sentiamo di sottolineare la colonna sonora di Esposito Fornasari con i brani di una band con i ‘contro cavoli’ come lo Stato Sociale.
Potete anche guardare le macchine passare sotto i cavalcavia ma ricordatevi che, comunque, domani sarà molto meglio se non lasciate affogare il vostro cuore nel proprio naufragio.