Una ragazza. Solo una ragazza. Guardo il volto e il corpo di Lara ed è quello che vedo: una semplice ragazza. Più carina, più determinata di molte altre. Ma solo una ragazza. Si è trasferita con suo padre (Arieh Worthalter) e il suo fratellino in una città più grande per tentare di entrare in una prestigiosa scuola di danza. Ha quasi 16 anni. Ha il completo appoggio della sua famiglia. Tutti cercano di sostenere il suo grande talento facendole pesare la cosa il minimo possibile; suo padre è disposto a fare quello che deve affinché lei possa riuscire ad avere tutte le opportunità che merita, anche in considerazione degli enormi sacrifici che già hanno tutti loro, grandi e piccoli, alle spalle. Con cura la camera di Lukas Dhont svela che il corpo di Lara non è quello che sembra, che la sua difficoltà sulle punte è dovuta al fatto che a dodici anni non aveva ancora cominciato il suo percorso di trasformazione da Victor (dimenticatelo, perché non ha importanza ed è solo la superficie passata e sofferta di questa straordinaria protagonista) a Lara – perché Lara era costretta in un corpo con un nome maschile – e non aveva potuto iniziare allora quell’allenamento richiesto alle ballerine dodicenni. Ci mostra quanto sia difficile ballare per una ragazza come tutte e quanto lo sia ancora di più per una persona come Lara, che sa esattamente chi è e cosa sogna, che non ha dubbi ma solo una tremenda fretta di ritrovarsi in un corpo da poter riconoscere e non vedere come composto da parti estranee di cui non ha controllo. Ci educa alla routine del sacrificio; ci porta in un bagno, dopo le lezioni di danza, in un luogo che non dovrebbe essere vissuto in quel modo da un adolescente. Penso a tutte le volte che ho avuto bisogno anche io di decomprimere, prendere una boccata d’aria dopo aver trattenuto una parola, un gesto, una parte di quello che sono. Quante volte ho avuto bisogno di guardarmi allo specchio, lavarmi il viso e dirmi che ce la potevo fare. Ma non a sedici anni. Perché la necessità di decompressione a quell’età era pochissima e tutto veniva esposto, urlato, rappresentato. Su una pagina di diario, a casa, a scuola, in palestra, con gli amici e la famiglia. Ma davvero, non so se avrei avuto la forza narrata in questa storia pazzesca, reale e fatta di carne, necessaria a questa ragazza, ogni giorno e secondo della sua vita, per riuscire, finalmente a nascere.
Questo film sarebbe stato impossibile senza l’incontro del regista con Victor Polster, ballerino e attore protagonista, Palma d’Oro a Cannes per la sua performance incredibile. Un film quasi documentaristico, meraviglioso e potentissimo. Andatelo a vedere. Fatevi un favore.