Hanno iniziato a chiamarlo tutti Easy per la facilità con cui vinceva le corse di go-kart. Magari anche l’accento straniero di sua madre aveva contribuito a quel nomignolo; forse anche lei e il suo essere un po’ sulle nuvole aveva un peso in quella sorta di congelamento di Isidoro negli anni in cui era una promessa del mondo delle corse, quando le cose gli venivano ancora ‘easy’…Adesso non gli viene facile più niente, nemmeno le cose più banali per gli altri. Lo conosciamo più che cresciuto e grasso (nei suoi panni un bravissimo Nicola Nocella, quello de Il figlio più piccolo di Pupi Avati) sul cornicione di una terrazza. Si lancia giù. Fallisce anche in questo. Si rialza da terra e torna nella sua stanzetta tra videogiochi di corsa, il lettino a forma di automobile, poster e ritagli di piloti famosi, maglioncini di lana fatti dalla mamma e peluche. Non ci è ben chiaro se suo fratello Filo (Libero De Rienzo) gli chiede aiuto per costringerlo a fare qualcosa e, magari, ad andare avanti con la sua vita, o perché non ha altra scelta. Fatto sta che gli affida un incarico: un suo dipendente ucraino è morto cadendo in cantiere (Filo è il responsabile dell’impresa di costruzioni di famiglia) e i colleghi hanno fatto una colletta per riportare la salma nel suo Paese d’origine. Serve un’autista. Chi meglio di Easy?

Andrea Magnani dirige una commedia dal retrogusto amaro in cui un personaggio bizzarro riceve una missione apparentemente inutile e fa di tutto per portarla a termine, nonostante si ritrovi presto in condizioni estreme. Di Taras – l’uomo nella bara che Easy vuole a tutti i costi riportare a casa – restano solo una lettera che non ci verrà mai tradotta, la foto di un passaporto e alcuni luoghi e personaggi lasciati oltre di sé. Eppure, nonostante principalmente il fatto che Taras in vita non avrebbe mai pensato di avere un ruolo così importante nella sorte di un completo estraneo, questi diventa a suo modo il migliore amico di Easy e spinge il ragazzo a riscoprire se stesso (anche in senso letterale, con il taglio della barba) e ad ammettere la verità sul proprio destino. La ricerca di un posto dove deporre la bara di Taras porta Easy ad incrociare, scena dopo scena, l’umanità più varia. Si tratta per lo più di campi totali e piani americani che si sfogliano come quadri in cui vi è la messa a fuoco di un dettaglio, un colore acceso all’interno di un riquadro di una sola tonalità cromatica. Buffo che, a differenza di molti classici cinematografici in cui il personaggio viene respinto dall’incapacità dell’altro di esprimersi in una lingua comune, gli ucraini che Easy incontra sanno quasi tutti l’inglese ed è lui, il protagonista, ad essere in difetto. Nonostante ciò, questi esseri si scrutano, confrontano e riconoscono comunque, parlando senza un codice verbale condiviso ma condividendo appieno il sentimento. Anche se alcune trovate sono molto buffe, alle volte ho avuto la sensazione che si stesse allungando un po’ troppo il brodo. In ogni caso, macinando chilometri in paesaggi e ambienti disegnati quasi geometricamente (come dice la mia amica ucraina Irina – con me al cinema – torna alla mente Wes Anderson) è solo così che Easy, moderno cowboy o Brancaleone, dopo aver usato tutti i mezzi possibili tra l’Italia e l’Ucraina senza riuscire a finire quasi niente – un giro di pista, una telefonata, il percorso di un passaggio, un pacchetto di sigarette – perdendo pezzi e trovandone altri, forse potrà un giorno ripartire. Da quello che è.

Io e la mia amica Irina dopo l’anteprima del film:

Easy – Un viaggio facile facile

Con chi andare a vedere un film che parla di un viaggio dall'Italia all'Ucraina se non con una ragazza ucraina che vive in Italia? #Easyunviaggiofacilefacile Tra luoghi comuni e incontri assurdi, un viaggio in un luogo poi non più tanto diverso da te.Tucker Film #AndreaMagnani #Belushivive #NicolaNocellaGrazie ancora alla mia amica Irina Ventania Gilevska (e se avete bisogno di lezioni di russo rivolgetevi a lei)

Posted by Uanema on Monday, September 4, 2017