La prima volta che ho prestato una vera attenzione nei confronti del personaggio di Harry Potter e del mondo raccontato nei libri di cui è protagonista è stato a casa di un’attrice straordinaria, Laura Curino, una maga lei stessa in quanto capace di portarti altrove con la sua incredibile capacità di narrare storie. Alla fine di ogni suo monologo mi sono sempre come risvegliata trovandomi davanti, al posto dei mille personaggi colorati che fino a un secondo prima avevo osservato muoversi in spazi che avevo immaginato come enormi città, montagne o foreste intere, soltanto una donna; una piccola grande attrice. Come se al battere delle mani degli spettatori fossi rientrata da un’altra dimensione. Laura viveva in una casa nella provincia torinese che ricordo vittoriana, azzurra, profumata di bucato, tirata a lucido come la Vespucci, e con nascondigli in cui il suo compagno o lei per lui riponevano tocchetti giganti di cioccolato fondente a cui fare affidamento in momenti di sconforto o di grande e profonda soddisfazione. I libri di Harry Potter (fino allora, era il 2000, usciti in libreria) erano sistemati in bella mostra nella libreria. Al posarsi del mio occhio, Laura aveva commentato: ‘è una bella scusa avere dei nipoti; ti dà la libertà di comprare più serenamente anche quella che viene considerata solo letteratura per ragazzi’. Qualche giorno dopo avevo già divorato i primi libri, ottenendo l’approvazione della mia compagna di studi Simone di Bolzano, che li stava leggendo in inglese e nutriva profondo rammarico per la scelta italiana di tradurre i nomi dei personaggi della saga. Simone era considerata stramba da tutti i nostri compagni di corso dell’università. Non mi stupì che leggesse libri ‘per bambini’. D’altro canto, ero considerata stramba anche io e il mio far correre l’occhio alla pagina scritta sotto il banco dello Iulm tra una lezione e l’altra, non stupiva più nessuno. Neppure se, in quel momento, si trattava del quarto libro di Happy Potter, Harry Potter e il calice di fuoco, testo che mi fece sentire in allerta per un bel po’.
Inoltre, come ogni beneventana che si rispetti, per natura, non posso non amare una saga in cui si parteggia per le streghe.

Stesso approccio (stesso amore), quindi, anche nei confronti di Animali fantastici e dove trovarli e, nello specifico, per il secondo dei cinque film della serie, I crimini di Grindewald. Nel primo capitolo eravamo stati portati nella New York degli anni ’20 dove ci era stato presentato, strizzandoci l’occhio, un mondo magico parallelo al nostro. L’unico riferimento a Howgarts era stato un accenno all’espulsione dalla scuola di Newt Scamander (l’incredibile Eddie Redmayne) e di come avesse cercato di evitarlo il suo professore preferito, Albus Silente (che vediamo per la prima volta in questo film, nei panni di Jude Law). Nel secondo dei cinque film della serie, il racconto va avanti dove lo abbiamo lasciato. Il Magico congresso degli Stati Uniti d’America (MACUSA) era riuscito grazie a Newt a catturare il Mago oscuro Gellert Grindewald (il solito, straordinario trasformista Johnny Deep) ma questi, come promesso alla fine del primo film, riesce ad evadere durante un trasferimento e riprende il suo piano per la conquista del mondo da parte dei maghi purosangue. Nel frattempo, Newt ha completato il suo libro, Animali fantastici e dove trovarli, oramai un best seller, e sta cercando una scusa per riavvicinarsi a Tina (Katherine Waterston, personaggio che non amo particolarmente nemmeno nella versione ‘Amelie’ di questo capitolo della serie) che non risponde più alle sue lettere. Ha, però, questioni molto più urgenti (nel senso della stessa definizione del termine, di qualcosa che deve essere risolto il prima possibile), dato che ha scoperto che Credence (Ezra Miller, uno dei miei attori preferiti della ‘nuova’ generazione), l’Obscurial – un mago inconsapevole e non capace di controllare i propri poteri che Grindelwald aveva già tentato di usare contro ‘i buoni’ della storia nel primo film –  è ancora vivo e il Ministero della Magia Britannico lo sta cercando per ucciderlo perché ancora letale. Anche se Newt si rifiuta di accettare questo incarico e di divenire un Auror e lavorare con suo fratello Theseus (Callum Turner, un altro brutto ragazzo) – che, nel frattempo sta per sposarsi con un’amica d’infanzia di Newt, Leta Lastrange (ebbene sì, una Lastrange interpretata da una delle donne più belle del mondo, Zoë Kravitz) – viene chiamato proprio da Silente (nei panni di uno dei personaggi più belli della saga, Jude Law) per combattere il mago oscuro, Grindewald, che per un oscuro motivo non può avere come antagonista lui stesso. Fin qui tutto chiaro? A questo aggiungete l’arrivo imprevisto a Londra di Queenie (Alison Sudol) e Jacob (Dan Fogler) che avevano iniziato una relazione clandestina (i maghi e i babbani non possono stare insieme) che ha separato Queenie da sua sorella Tina e che sembrano volersi sposare. Ma Newt ci mette poco a capire che Queenie ha usato un filtro d’amore su Jacob che non vuole sposarla solo per non metterla in pericolo. Queenie non accetta quello che considera un rifiuto e fugge, anche lei, in cerca di sua sorella. Che è a Parigi in cerca di Credence. Per riassumere: Grindelwald è a Parigi in cerca di Credence; Tina è a Parigi in cerca di Credence; il Ministero della magia britannico e i MACUSA sono a Parigi in cerca di Credence; Queenie è a Parigi in cerca di Tina; Newt è a Parigi per Tina e per Credence; Jacob è a Parigi per Queenie; Theseus e Leta sono a Parigi sia per Credence che per aiutare Newt. Il delirio.

Il difetto di questa storia è l’incipit di questa storia. Ossia tutto quello che ho finora descritto e che accade in dieci minuti. Non vediamo Queenie e Jacob da un tempo che ci pare infinito e ci compaiono sulla porta di Newt senza che ci siamo sentiti partecipi del frattempo. Theseus e Leta si stanno per sposare e a noi pare aver perso dei pezzi importanti che potessero farci partecipi del loro legame. Insomma, vi è molta complessità nel racconto e, inoltre, chi non ha rivisto il primo film della saga prima di affrontare la visione del secondo, ci si perde completamente. Mi è stato chiesto da un’amica accanto a me all’anteprima del film: ‘Ma chi è Credence?’ Insomma, se accade una cosa del genere vuol dire che c’è un problema. Non so se questo sia un difetto di tutte le storie di mezzo (anche se io ho amato profondamente Harry Potter e il prigioniero di Azkaban) in cui devono essere date molte informazioni nel modo meno didascalico possibile prima dell’accadere di alcuni eventi che si realizzeranno nei capitoli finali.
In ogni caso, la storia tiene e il livello qualitativo della pellicola è molto alto (la cartella stampa è composta da 56 pagine che spiegano tutto il lavoro che c’è dietro). Il pollice in sù, in particolare, per le maestranze che in prodotti del genere più che in altri fanno davvero la differenza. In questo film, ad esempio, Johnny Deep e la costumista premio Oscar (uno dei quattro che ha vinto nella sua lunga carriera è stato per il primo film di questa serie) Colleen Atwood si rincontrano per l’ennesima volta e scelgono di utilizzare per il cattivo dei cattivi degli abiti tirolesi (chi lo aveva notato?) a cui Deep propone di abbinare delle lenti a contatto che rendano i suoi occhi diversi per mostrare la duplicità del suo personaggio. Favoloso.
Oltre la sovrabbondanza di informazioni, un altro limite della storia è dato dal titolo: in un film che si chiama (anche in inglese) I crimini di Grindelwald ci si aspettava più sangue e misfatti maggiori di quelli compiuti all’interno del racconto filmico. Per quanto ci siano degli assassinii e Grindelwald non ne esca proprio come un bravo ragazzo (anche se la sua presunta volontà di riscattare una minoranza segregata non sembri del tutto folle se non sfoci nell’oppressione dell’altra parte) non mi pare che il focus della storia siano i suoi crimini ma ben altro, come il passato di ognuno dei personaggi e le sue paure o la ricerca del proprio io o l’importanza dell’appartenenza a una famiglia, un gruppo o a qualunque cosa che ci riconosca e ci renda riconoscibili a noi stessi. Interessante anche l’introduzione del personaggio di Nagiri (Claudia Kim), unica amica di Clarence, con un futuro che gli appassionati di Harry Potter ben conoscono. Insomma, anche se non convince fino in fondo, Animali fantastici e dove trovarli – I Crimini di Grindelwald è, comunque, un film da vedere.
Usate pure dei ragazzini che vi accompagnino come scusa per dedicarvi a un po’ di magia.
Per quanto mi riguarda, non ne ho mai avuto bisogno. E so benissimo di non essere da sola.