Londra. Alice Racine (interpretata da Noomi Rapace) è un agente della CIA esperta in interrogatori che sta collaborando con l’M15, ossia – per chi lo ignorava come la sottoscritta – il Security Service, l’ente per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito, per sventare un attacco terroristico nella capitale inglese. È rimasta scottata da un’esperienza precedente, soffre di sensi di colpa e si è tenuta nelle retrovie per un po’ ma continua a offrire i suoi servizi al gruppo inglese capitanato da Emily Knowles (Toni Collette). Riesce a far arrestare e interrogare un terrorista ma poi si rende conto che qualcosa non va: qualcuno è arrivato prima della ‘cavalleria’ e sta sfruttando le sue capacità per ottenere informazioni. Chi sono queste persone? Chi, nella CIA o nell’M15, le sta aiutando? E cosa hanno a che fare con l’attacco terroristico di Londra?
Ho visto Codice Unlocked qualche giorno dopo che un uomo a bordo di un Suv ha investito delle persone sul ponte di Westminster a Londra. Vedere la stessa città protagonista di tutte le news e i programmi di approfondimento informativo in un film sul terrorismo è stato straniante. Non riuscivo quasi a distinguere il piano della finzione da quello della realtà. Mi sono anche chiesta se non fosse di cattivo gusto mandare nelle sale un film del genere in quel momento. Vero, però, che l’ho visto ad un’anteprima, quasi un mese prima dell’uscita del titolo. Magari l’impatto per gli altri è stato diverso. In ogni caso, Codice Unlocked è un film ben fatto. Michael Apted sa il fatto suo (oltre alla regia de Le cronache di Narnia – Il viaggio del veliero, 007 – Il mondo non basta ma, soprattutto – e questi sì che li avete visti – Nell, Gorilla nella nebbia e La ragazza di Nashville, film che nel 1981 ottenne ben sette nomination agli Oscar) e l’ora e mezzo di film scorrono via senza intoppi. L’unica cosa che non convince di Noomi Rapace sono i suoi zigomi troppo alti; su Michael Douglas (che interpreta il mentore di Alice, Eric Lash, con cui la donna ha lavorato per anni nella CIA) possiamo sempre e solo spendere belle parole; Orlando Bloom, John Malkovich e Toni Colette hanno dei piccoli ruoli che fanno pensare alla possibilità che da questo sia solo il primo film di una lunga serie e che li ritroveremo ancora negli stessi personaggi.
Le atmosfere ricreate sono quelle tipiche del genere di riferimento: fotografia e toni scuri, montaggio veloce o ‘tirato’ per aumentare la suspence, continui i colpi di scena. Per chi apprezza i thriller/action, si tratta di un buon film. Personalmente ho visto positivamente l’inserimento di donne in ruoli solitamente occupati da maschi – tra l’altro rappresentate da figure femminili più normali rispetto a bellezze da passerella (sto pensando a Charlize Theron o a Demi Moore che delle donne che incontriamo per strada o in una caserma di polizia hanno ben poco, a differenza di Rapace e Colette che mi sembrano più credibili nonostante siano entrambe delle belle donne) e l’ottima capacità di indagare il pregiudizio. Anche quando sembriamo conoscere quello che abbiamo attorno, la vita ci stupisce; il male viene molto spesso da posti in cui non lo avremmo mai cercato.
L’unica possibilità che abbiamo – per sbloccare il codice e per sopravvivere – è guardare oltre le apparenze e combattere insieme.