‘Sono assai importanti gli occhi, sono una specie di barometro. Ci vedi quello dal cuore duro, che può schiaffarti la punta dello stivale nelle costole, senza nessun motivo; e ci vedi quello che ha paura di tutto e di tutti’. Il cane crede di sapere come distinguere l’uomo buono dall’uomo cattivo. Eppure, è disposto a prendere in giro questa sua stessa capacità per un pezzo di salame. Il testo da cui è tratta la drammaturgia di Stefano Massini per il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa è l’omonimo Cuore di cane di Michail Bulgakov, molto meno demoniaco del più famoso Maestro e Margherita ma allo stesso modo fantastico e surreale. Anche se più accessibile rispetto a quello che è considerato uno dei capolavori della letteratura russa, Cuore di cane è un racconto capace di lasciarvi pensare per un bel po’ di tempo perché pone moltissimi requisiti non solo sulla Russia a Bulgakov contemporanea, ma anche a questo nostro maledetto e benedetto momento. Filip Filipovič Preobraženskij è un medico. Sta cercando, insieme al suo assistente, il dottor Bormental – che tiene un diario delle loro ricerche – di trovare il modo di garantire all’uomo l’eterna giovinezza. Non vi sembra maledettamente attuale? Massini, nella sua versione di Cuore di cane per il teatro, usa il diario dell’assistente per muovere il racconto, nonostante sia palese che ciò che vi viene riportato non corrisponda sempre esattamente alla realtà. Ma quando il nostro racconto corrisponde alla realtà? Nella sua ricerca di una cavia per il suo esperimento il professor Preobraženskij si imbatte nel cane che lui stesso chiamerà poi (assecondando la richiesta del ‘fu animale’ di avere un nome come tutte le cose che circondano l’uomo) Pallino. A Pallino, vecchio e malridotto, viene sostituita l’ipofisi (una ghiandola endocrina che si trova alla base del cranio – nel libro insieme ad essa anche i testicoli) con quella di un uomo giovane da poco deceduto. Ma nei giorni che vanno dall’operazione alla piena trasformazione (non casualmente dal 23 dicembre al 6 gennaio, dal Natale cattolico alla vigilia del Capodanno ortodosso), Pallino non diventa un giovane cane ma un uomo.
Nella gabbia, sopra e sotto al palco, diretti da Giorgio Sangati, uno straordinario Paolo Pierobon camaleontico e pazzesco nei panni di Pallino e dell’Homunculus, l’ottimo Sandro Lombardi nel ruolo del professore – che occupa tutto lo spazio con la sua voce roboante ma sa poi diventare piccolo piccolo quando viene scoperto in difetto, grazie alla ripetizione delle stesse vanesie parole che ha lasciato imparare alla sua creatura – e Giovanni Franzoni come l’assistente del professore, crudele e geloso del legame del suo mentore con la sua creatura così come gli altri più piccoli personaggi, Bruna Rossi e poi Lucia Marinsalta – facenti parte di un mondo di compromesso ma equilibrio rovinato dall’esperimento – e Lorenzo Demaria. La scena si muove in verticale, gli ambienti restano cupi, guanti rossi diventano sangue e la nostra coscienza e il nostro essere è in una piccola lucina in un cervello. Non nel cuore. Cosa davvero ci rende umani e ci distingue dalle bestie? Quando facciamo qualcosa per qualcun altro, pretendiamo di poterlo poi renderlo qualcosa che, in maniera confusa, possa andarci bene.
Ma chi ha chiesto nulla?
Forse il nostro è anche, se non peggiore, di un cuore di cane.
Nonostante l’impianto registico sia alquanto tradizionale e la grandezza dello spettacolo si poggi soprattutto sulle spalle delle straordinarie interpretazioni di Pierobon e Lombardi, Cuore di cane del Piccolo Teatro resta uno spettacolo imperdibile.