‘Crooked house’ potrebbe essere tradotto come la casa storta, corrotta. Per casa, ovviamente, non si ci riferisce alla casa fisica ma alla ‘casata’, alla famiglia, a quelli che la compongono e che occupano gli ambienti di questo spazio immenso di cui è proprietario un ricchissimo uomo d’affari di origine greca, Aristides Leonides, il cui enorme ritratto (non fedele alle dimensioni dell’uomo a cui tutti, ovviamente post mortem, si riferiscono come ‘il Nano’)  troneggia in cima alla scalinata di fronte all’enorme ingresso della villa in cui risiedono tutti i suoi parenti più stretti (richiama alla mente quello del film Rebecca, la prima moglie di Alfred Hitchcock, Oscar come miglior film e miglior fotografia per George Barnes nel 1941). In questo caso, Videa, che distribuisce il film in Italia, ha deciso di intitolare il film Mistero a Crooked house, non rispettando nemmeno la traduzione del libro di Agatha Christie da cui è tratto, che la Mondadori in Italia aveva trasposto in È un problema.

È difficilissimo uscire da Crooked House una volta che ci sei dentro. Si lamentano della cosa anche i suoi occupanti con il detective Charles Hayward (Max Irons, figlio nientepopodimeno che di Jeremy Irons, dislessico durante l’adolescenza e, per questo motivo, osteggiato dal padre nella volontà di seguire le orme dei genitori – sua madre è l’attrice figlia d’arte Sinéad Cusack) chiamato da Sophia (Stefanie Martini, protagonista della miniserie Doctor Thorne) ad indagare sulla morte di suo nonno Aristides. Crooked house è immensa e i suoi abitanti possono anche non incontrarsi per giorni. Ogni appartamento è uno spazio a sé e non sembra avere legami con il resto della casa ma è lo specchio dei suoi occupanti come in un film di Anderson: rosa e kitch sono gli ambienti di Brenda, ex ballerina di Las Vegas e moglie del padrone di casa (Christina Hendricks stranota grazie alla serie Mad Men), bianchi e minimalisti quelli di Roger (Christian McKay, grandissimo protagonista del film Me and Orson Welles), figlio preferito del miliardario, e di sua moglie Clemency (Amanda Abbington, moglie di Watson nella serie Sherlock), esotici quelli del figlio maggiore Philip (Julian Sands che per me sarà sempre Il fantasma dell’opera) e di sua moglie Magda (Gillian Anderson, che dire?), genitori di Sophia, Eustace (Preston Nyman che ha una cameretta in cui il rock & roll la fa da padrone e lo protegge come uno scudo dal mondo esterno) e della dodicenne Josephine (Honor Kneafsey). Lady Edith (Glenn Close), sorella del padrone di casa, vaga invece anche negli spazi aperti, si occupa del giardino ed è il personaggio più ‘mobile’ della famiglia insieme alla piccola Josephine, che si lamenta di essere ignorata da tutti i suoi parenti e che passa il suo tempo spiando ognuno di loro e scrivendo nel suo diario segreti e macchinazioni che la salvino dalla noia.
Aristides è stato ritrovato morto nel suo letto da Sofia una mattina in cui, come spesso accadeva, la ragazza è andata a svegliarlo. Sofia sospetta che l’uomo sia stato avvelenato da una delle persone che sono ancora presenti nella casa e teme che questi possa colpire ancora. Charles accetta l’incarico solo perché lei è la donna di cui si è innamorato durante una missione per conto dei Servizi Segreti in Egitto e con cui spera di poter riallacciare il rapporto interrotto in modo brusco e repentino, senza gli fosse data la possibilità di fornire spiegazioni. Sofia afferma di essersi convinta a rivolgersi esclusivamente a lui perché teme per la propria vita. È stato ucciso Aristides Leonides? Se sì, l’assassino può essere trovato tra i componenti della sua famiglia?

Nonostante alcune ambientazioni e la rappresentazione quasi estremizzata a un solo aspetto di alcuni personaggi rimandi ai mondi costruiti da Anderson, Mistero a Crooked House è un prodotto, invece, molto classico. Il regista francese Gilles Paquet-Brenner (quello de La chiave di Sara) ha semplicemente trasposto il classico di Agatha Christie, ambientato nel 1947, nel periodo della crisi del Canale di Suez, fine anni ’50, per poter sottolineare ancor di più quello che era un elemento già presente nel romanzo, lo scontro tra generazioni, amplificato quindi anche dal fatto che in quel periodo si stava compiendo un enorme cambiamento culturale con la nascita del rock ‘n roll e il cosiddetto ‘decollo giovanile’. Ha aggiunto alla storia noir, un elemento più teatrale e barocco, anche grazie al coinvolgimento di un direttore della fotografia danese, Sebastian Winterø, che ha prediletto le riprese dal basso e l’uso del grandangolo, ispirandosi all’espressionismo tedesco. Il risultato è un film godibilissimo. Sono rimasta un po’ colpita dal finale che, personalmente, ho trovato un po’ tronco. Forse, un maggior respiro, sarebbe stato un po’ ridondante e didascalico ma la storia sembra un po’ tagliata con l’accetta.

In ogni caso, sono 125 anni di Agatha Christie. E resta ancora insuperabile.