Come al solito, come titolo sarebbe bastato Alpha senza la didascalia da pubblico televisivo italiano che parrebbe non essere in grado (per deficienza o chissà) di essere attratto da un nome evocativo, e bisognoso quindi di appigli emotivi come ‘cuore, amore, vita, forza’. Quindi, accanto ad Alpha, l’esplicativo ‘un’amicizia forte come la vita’. L’amicizia forte è quella tra un lupo e un ragazzino, Keda, che si realizza proprio dopo una sorta di fallimento del suo rito di passaggio all’età adulta. Un incidente che avrebbe potuto togliergli la vita. Proprio la vita del titolo che, invece, è quella originaria della Terra stessa, dal momento che il film è ambientato nella preistoria, quando l’esistenza stessa è iniziata da poco e gli animali e gli esseri umani sono entrambi predatori, nemici che si tengono a distanza e che temono gli uni gli altri un attacco dalla specie che gli è ostile. Le mie aspettative nei confronti del progetto originario, inizialmente intitolato The solutrean (‘il solutreano’, quel particolare periodo del paleolitico superiore tra i 21.000 e i 18.000 anni fa, epoca caratterizzata dalla scheggiatura a pressione, che rese possibile la costruzioni di lame, capacità che nel film fa la differenza tra un ragazzino e un uomo pronto a procacciare il cibo per la sua tribù) erano molto alte. E non so dire se sono state disattese perché il prodotto la cui uscita era prevista per il 14 settembre del 2017 non è quello che stiamo vedendo nelle sale in questi giorni. E anche perché quello che ho visto mi è abbastanza piaciuto. Pure se alcune scelte (soprattutto la lingua parlata e il focus sul legame tra il lupo e il ragazzo, da classico della letteratura per ragazzi) ne hanno reso un prodotto più adatto a un pubblico giovane. Albert Hughes sa come dirigere e dove calcare per cogliere l’attenzione e la suspence dello spettatore e Kodi Smit-McPhee (già visto in The Road – La strada) ci fa ben sperare anche per il futuro. In più, tanta nostalgia per un mondo puro che non abbiamo avuto l’occasione di vivere ma che qualcosa dentro di noi, l’essenza stessa del nostro essere, ci fa rimpiangere.