Wimbledon, 5 luglio 1980. Entra in campo prima John McEnroe, ventun anni, capelli ricci, fascia che tiene libera la fronte. Dietro di lui, il campione dei campioni, il più giovane vincitore di Wimbledon che corre per il quinto titolo consecutivo qui a Londra, a ventiquattro anni, Björn Borg.
Anche se sai che è già storia, la colonna sonora epicissima ti ha già portato il cuore in gola.
Lo chiamano ‘uomo di ghiaccio’, IceBorg, Björg. Mentre tiene tutto il peso del suo corpo con le sole braccia sul parapetto del suo terrazzo di Montecarlo, sai che non sta guardando il mare di fronte a sé. È da qualche altra parte, dentro di sé.
Janus Metz Pedersen, regista, indaga così queste due incredibili figure, questi due straordinari esseri umani, partendo da quel giorno, dalla storia, riavvolgendo in qualche modo il nastro, entrando in quello sguardo sull’orizzonte infinito, e tornando indietro. Indietro a Borg bambino che continuava a urlare come un pazzo ogni volta che qualcosa sulla terra battuta non andava come voleva. Sì, Borg. Era lui quello incontenibile. Verrà notato da Lennart Bergelin (interpretato da quell’attore straordinario di Stellan Skarsgård), capitano della squadra svedese di Coppa Davis e poi suo preparatore, che gli insegnerà a contenere tutta la sua rabbia, tutta la sua paura, tutta la sua frustrazione, fino a diventare una leggenda.
McEnroe era, invece, un bambino ubbidiente e cercava di soddisfare in qualunque modo le aspettative di suo padre, non sempre riuscendoci. Fino, in seguito, a sbroccare ogni volta sul campo in cui si sentiva – e lo era un po’ – un dio.
Indietro alle interviste di McEnroe del pre-partenza per Wimbledon in cui l’unica cosa a interessare il pubblico era il suo dare di matto in campo, le sue discussioni con gli arbitri e il suo parere su L’ALTRO: ‘Cosa credi farà? Cosa proverà IceBorg?’ E pensare che anche McEnroe – come tutti all’epoca dal momento che Borg divenne il primo tennista ad essere come una rock star – aveva un poster di Borg adolescente nella sua camera. Si sistemava la fascetta sulla fronte come lui. Ciondolava sul campo nello stesso identico modo. Fino a ritrovarsi a giocare contro di lui.
Da una parte c’è la disciplina, dall’altra il talento. La cosa che avvicina questi due gladiatori – e lo capisci perfettamente vedendoli scendere in campo – è che entrambi, ogni maledetta volta, si giocano il tutto per tutto. Il gioco è una questione di vita o di morte.
Ogni punto, per loro, è quello finale.
Sverrir Gudnason (che mi pare identico a Borg, così come gli altri attori che interpretano il tennista anche da ragazzino) e Shia LaBeouf (che interpreta McEnroe) riescono, prima di tutto a essere credibilissimi come tennisti professionisti (il che non deve essere stato facile) ma, soprattutto, sono perfettamente capaci di trasmettere il movimento interiore di questi due grandi personaggi. Le direzioni del loro sguardo, il respiro interno che porta alla battuta, sono carichi di tutta la tensione che cresce fino ad arrivare alla finale di Wimbledon del 1980. Sembra che tutta la vita dei loro personaggi fino a quel momento li abbia portati lì. A quel giorno, su quel campo.
Da una parte, abbiamo il grande eroe, la macchina da guerra, Björn Borg, quello che deve gestire i fan impazziti, i fotografi, gli sponsor, gli agenti, soddisfare ogni richiesta anche su aspetti privati della sua vita come il suo matrimonio. La star. Quello da cui tutti si aspettano più del possibile, ossia quanto ha fatto finora. Dall’altra parte, c’è John McEnroe, quello scapestrato, il newyorkese fischiato da tutti, quello che pensa di potersi permettere qualunque cosa e che rischia di perdere il poco sostegno che ha.
Quella partita infinita, quello scontro epico, li cambierà entrambi per sempre. E segnerà la storia. Non solo la loro, ma quella che verrà.
Con le mani sugli occhi, ho queste immagini: di Borg ragazzino che corre in un bosco prendendosela con l’universo perché tutto gli sembra troppo e forse lì vede qualcosa di quello che sarà, di un McEnroe che chiede a se stesso di abbassare la guardia e scusarsi, e quella di un abbraccio, prima un po’ di sorpresa, ma poi…E infine, lo stop alla colonna sonora, dato che, a un certo punto, è solo il rumore della pallina da tennis a contare.
Anche per noi attaccati alla poltrona.
Io e il mio contramestre di capoeira, Nadav, all’anteprima del film:
Siete dalla parte del gentiluomo o del ribelle? Uno dei confronti sportivi più incredibili della storia. Uno dei film più belli dell'anno. All'anteprima di Borg McEnroe è venuto con me Nadav Horrivel-Revivo Rosenzweig, contramestre del gruppo CDO Milano – Italia Centro di Capoeira, un vero sportivo. Lucky Red Stellan Skarsgård Shia LaBeouf Sverrir Gudnason
Geplaatst door Uanema op dinsdag 7 november 2017